mercoledì 31 agosto 2011

PREMIATA BOCCIOFILA "DA SILVIO"

 

Se la Comunità Europea avesse interpellato una bocciofila di paese, in luogo del Governo Italiano,  allo scopo di individuare manovre correttive per la finanza pubblica avrebbe probabilmente ricevuto proposte più concrete di quelle che quotidianamente, da circa un mese, si  accavallano nei bollettini governativi  regolarmente rimessi in discussione dai dispacci delle sedi di partito. Peggio, dalle segreterie personali dei diversi ministri che a diverso titolo partecipano questa cosa curiosa che ci ostiniamo a chiamare Governo.

Non un'idea. Tante proposte, eguali e contrarie, in cui appare netta solamente una cosa: non esiste una strategia, non un piano, non un indirizzo. L'abbronzatissimo Calderoli nega quel che afferma Maroni che a sua volta rigetta le ipotesi di Bossi regolarmente impegnato a smentire Berlusconi che tenta in ogni modo di contenere Tremonti che ce l'ha con Brunetta che non sopporta Sacconi. Tutti parlano a nuora (Alfano, già democristiano siciliano di scuola limiana, sic !) perché suocera (Berlusconi, tessera P2, sob !) intenda. Draghi tace, Napolitano auspica, l'Europa attende, il Vaticano esorta, ma nella bocciofila di strapaese - colpita dal sole d'agosto e inondata  da fiumi di  barbera - ognuno parla, urla e grida con l'unico intento di far sentire la propria voce, con un tono più alto degli altri.

Un effetto, però, è stato raggiunto : mettere tutti, ma proprio tutti (persino la UIL  !) d'accordo contro questo club di arruffapopoli, smargiassi , incompetenti e inconcludenti personaggi che compongono una cosa che ancora ci ostiniamo a chiamare Governo

 

http://paroladiborz.blogspot.com/

lunedì 15 agosto 2011

la Globalizzazione impossibile

 

Attorno agli anni 50 del XIX secolo Karl Marx vive in miseria assoluta nel quartiere londinese di Soho. Non conosce abbastanza bene l'inglese per scrivere correntemente in quella lingua, la Prussia lo giudica indesiderabile, il movimento socialista è frantumato in un dedalo di invidie e pettegolezzi, l'Inghilterra promuove la propria versione della globalizzazione economica basata sul colonialismo tessile dell'India, la Francia di Napoleone III è in piena ristrutturazione aristocratica, la Russia vuole abbattere l'Impero Ottomano, gli Stati Uniti stanno formandosi, le alleanze politiche europee sono a geometria molto variabile, basate sull'opportunismo del momento. Sono anni in cui Marx intuisce la teoria del Plus Valore e la distinzione tra Capitale economico (produttivo) e finanziario (speculativo). Malgrado la drammatica situazione personale Marx intuisce che la globalizzazione inglese, determinata dalla riduzione dei tempi di relazione tra Inghilterra e India, è il motore principale per l'evoluzione del capitalismo dalla quale potrà svilupparsi il mondo socialista in cui si produrrà secondo talento e si guadagnerà secondo necessità. Il processo di globalizzazione di 160 anni fa è legato a immensi scandali finanziari, a crack bancari e borsistici , a tematiche geopolitiche che, curiosamente, sono le stesse che vengono affrontate oggi, inclusa la questione  dell'Afghanistan, allora definito da Plumbert come "una teoria tribale, non una nazione".  Insomma, 160 anni fa i problemi che attanagliavano il mondo in materia di economia, finanza, produzione e geopolitica, erano gli stessi che osserviamo oggi. E la politica di allora proponeva  rimedi  che non portavano ad alcuna soluzione. Come oggi. Napoleone III veniva descritto dalla stampa economica internazionale con i medesimi tratti con cui l'Economist odierno vaglia l'operato di Berlusconi in Italia. Quel mondo conflagrò prima nella Guerra di Crimea, poi nel conflitto mondiale del 1914. Dai tempi dell'impero romano e di Gengis Khan ogni processo, ogni tentativo di "globalizzazione" ha condotto a immensi drammi, a crolli di sistemi "imperiali" ritenuti intramontabili, a sovvertimenti, migrazioni di massa, povertà e dolore.

La questione forse non è squisitamente "politico-economica", ma di relazione tra la pulsione dell'Uomo (tribale, di clan) e quella dell'economia (espansiva, globale). L'Uomo tende a proteggere e favorire il proprio Clan, l'economia necessita di un'idea di clan "totale": in sostanza non si può produrre un'economia globalizzata funzionale fino a che rimangono attive le idee di Stato o di "federazione" come elemento di contrapposizione rispetto ad altri Stati o federazioni. Non si può godere di una globalizzazione positiva fino a che resistono esigenze speculative di monete e valute concorrenti. Il mantenimento, residuale o meno, delle resistenze statuali, valutarie, territoriali, determina un inasprimento graduale della conflittualità globale, da un lato, e l'emergenza di personaggi capaci di vivere benissimo in una palude tempestosa dove sovrapporre i propri interessi personali a quelli statuali o di clan. L'analisi anche superficiale dei contesti storici degli ultimi 2500 anni porta inevitabilmente sempre alla medesima conclusione.

In assenza di una politica "mondiale" nessuna globalizzazione può essere possibile senza conflitti sempre più gravi e aggressivi. In assenza di una valuta "globale" nessuna globalizzazione è praticabile senza che produca lacerazioni, speculazioni, catastrofi sociali di proporzioni immense, che coinvolgono interi sistemi statuali o federativi.

E altrettanto ovviamente nessuna globalizzazione è ipotizzabile quando manca una visione collettiva della relazione tra Persone:  se la visione dell'occidente è di un "uomo illuminista" e la visione orientale è di "uomo suddito dello Stato" le due modalità sono intimamente inconciliabili e portano con sé modelli  etici, morali, politici ed economici né assimilabili né integrabili, con i conseguenti conflitti potenziali e reali.

La globalizzazione finanziaria è impossibile in assenza di tutti gli altri requisiti e non può che conflagrare. E' solo questione di tempo.