lunedì 27 dicembre 2010

magistratura impazzita

 
Non passa quasi giorno che la magistratura non condanni un fedele servitore dello Stato spacciando per reati quelli che sono tradizionali compromessi con le organizzazioni malavitose.
Può darsi che sia spiacevole affermare che il potere costituito da sempre media con i poteri non costituiti lasciando loro spazi praticabili in cambio di tranquillità sociale: fu così con le formazioni terroristiche palestinesi, fu così con la cupola mafiosa, fu così con i cartelli dei narco trafficanti.
Pace sociale in cambio di traffici diversi.
E' prassi, non deviazione.
Oggi la magistratura aggredisce i funzionari che hanno operato sul sottilissimo confine del dialogo con i contro-poteri, che hanno garantito una certa tranquillità sociale e che attraverso il compromesso hanno comunque potuto portare a termine importanti operazioni, ovviamente catturando i perdenti, i sacrificati dai cartelli vincenti.
Dove porta l'applicazione burocratica della legge che non discerne dalla necessità politica della deroga ?
Inevitabilmente allo scontro.
La caduta dei compromessi implica la cessazione degli armistizi e la ripresa del confronto diretto.
Una magistratura che agisce contro gli interessi politici di istanza superiore rappresenta un pericolo politico per la nazione.

domenica 26 dicembre 2010

LETTERA APERTA AL PONTEFICE

Caro Ratzinger,
mi sorprendo che Lei si sorprenda.
Può darsi che diciassette secoli di potere assoluto abbiano dato un po' alla testa, e che la sindrome di onnipotenza che pervade il Vaticano impedisca di osservare il mondo che cambia.
Mentre fate finta di niente, il mondo non si è affatto scordato delle centinaia di migliaia di morti violente che il potere temporale della chiesa ha provocato, delle forzate conversioni nelle americhe centrale e meridionale, dei ghetti ebraici, delle repressioni sanguinose dei cosiddetti eretici, dei roghi delle imputate di stregoneria, del colonialismo ante-litteram che prese il nome di crociate, della "santa" inquisizione, dell'indice dei libri.
Il mondo non si è affatto dimenticato della presa del potere in Roma, generata su un falso documento imperiale, dei secoli di nepotismo vaticano, dai papi avvelenatori e avvelenati, dei pontefici corrotti e lussuriosi, di un Vaticano che imponeva Imperatori e Re, fino a che Martin Lutero ed Enrico VIII si presero la briga di separare i poteri, di una chiesa che ha regolarmente fatto quello che predicava come peccato, fino agli indimenticabili, tenebrosi  pasticci finanziari che vedono collegato il nome del cristo a quelli di noti esponenti del malaffare.
Caro Ratzinger,  questo odierno è un mondo che anela alla spiritualità, ma che è altrettanto maturato nella consapevolezza e nella conoscenza, cose che la chiesa ha sempre osteggiato, un mondo che diffida di teologie alquanto bizzarre per non dire astruse che sconfinano frequentemente in riti che più pagani non si può. Un mondo che conosce i riti e le teosofie antecedenti la vostra, da cui avete colto a piene mani per costruire il mito dei miti, la mistificazione delle mistificazioni, un sistema di potere che predica la mansuetudine e l'ignoranza per meglio governare.
Non bisogna essere certo fanatici fondamentalisti di altre religioni per osservare la crisi che attanaglia il cristianesimo, ormai preda di una schizofrenia che incrocia, confonde e sovrappone rispettabili aspetti etici con insostenibili sistemi temporali.
Non sorprende allora che in altri sistemi, in altre culture, quello che viene proposto dalla sua chiesa venga visto con estremo sospetto, che la bonarietà delle parole venga interpretata come la lusinga del lupo all'agnello.
Per secoli i monaci convertitori sono stati l'anteprima dello sfruttamento coloniale europeo.
Per decenni i cristianissimi "peace corps" americani sono stati l'avvisaglia dell'imperialismo statunitense.
Perché mai, oggi, la predicazione cristiana dovrebbe aver cambiato prospettiva ?
Oggi Lei chiede dialogo e rispetto, dimenticando le migliaia di persone che hanno supplicato, nei secoli, inascoltate, pietà e clemenza.
Non basta, caro Ratzinger.
La sua chiesa sarà credibile solo se rinnegherà completamente e integralmente il proprio passato, solo se cesserà il potere temporale, economico e finanziario, solo se applicherà alla lettera il dettato di misericordia e di soliderietà, rinunciando ai fasti e alle ricchezze in favore dei bisognosi del mondo.
 
 
 

venerdì 24 dicembre 2010

SULLA SEMPLICITA'

"Non è nelle cose straordinarie che si trova l'eccellenza. Chi si eleva per raggiungerla se ne allontana. Il più delle volte ciò che si deve fare è abbassarsi."
Così scriveva Pascal  nell' Art de conférer.
Il malessere dell'occidente, il disagio spirituale in cui si è inabissato, è forse figlio di una ricerca esasperata, e con questo mistificatoria, dell'eccellenza.
Da un decennio circa leggiamo ottimi romanzi scandinavi che rappresentano una società drammaticamente immersa nel disagio, con un numero impressionante di suicidi, e nella violenza, soprattutto verso le donne, col più alto tasso d'Europa di aggressioni, minacce e delitti compiuti da maschi nei confronti delle femmine. Un'apparente, formale società del benessere sotto il cui velo si sviluppa un profondo malessere indviduale e sociale; una società formalmente capace di integrare, devastata da un razzismo fattuale, da segregazioni operate col sorriso mellifuo dell'assistenza sociale.
Se quanto scrive Pascal è giusto, supportato dal detto popolare secondo cui "il meglio è nemico del bene", il modello sociale va ridisegnato partendo dall'abolizione delle ideologie della contrapposizione, quelle che affermano che "noi" abbiamo ragione e gli altri no, ma soprattutto abolendo gli atteggiamenti della "superiorità" intellettuale caratteristici dell'intelligentia dal dopoguerra ad oggi.
Dobbiamo mettere nuovamente al centro della cultura il modello umano rinascimentale, capace di rappresentare il bello e il giusto nella semplice perfezione delle geometrie, nell'esaltazione della sacralità del corpo umano e del rapporto con la natura, nella concretezza del colore, abbandonando all'incomprensione l'incomprensibile contemporaneità iperrealista o surrealista, davanti alle cui opere solo sedicenti intellettuali fingono estatiche comprensioni.
Tornare alle narrazioni degli archetipi e dei miti fondanti, staccando la spina ai video giochi, e alla loro violenza gratuita utile esclusivamente a gratificare un sé asociale.
Dobbiamo "abbassarci" a modelli di umana sobrietà e non provare a elevarci come Icaro sulle ali di pensieri tanto svettanti quanto impraticabili, formalmente ineccepibili, politicamente corretti e incapaci di costruire quella solidarietà che l'appartenenza - non la sussistenza - infonde.
La semplicità è figlia di una maestria assoluta, la complessità spesso nasconde l'incompetenza: ogni forma d'arte esplicita questa affermazione.
Il malessere dell'occidente non deriva dalla complessità sociale, ma dall'alterità culturale con cui l'intellettualismo ha forgiato la classe dirigente.

FUORI DAL NOVECENTO

Forse l'Italia riuscirà a entrare nel terzo millennio, con una decina di anni di ritardo.
E nel nuovo millennio potrà lasciarsi alle spalle ideologie consunte, intellettualismi miopi,stereotipi dannosi.
La svolta di Mirafiori, l'americanizzazione dei rapporti industriali che La Repubblica descrive "truce" in un triste articolo di Luciano Gallino, potrebbe mettere la parola fine su un quarantennio di iper-garantismo, di tutele unidirezionali, che sono componenti non secondarie dell'assenza di investimenti industriali in Italia e dell'orientamento speculativo e non produttivo del capitale nazionale.
La riforma Gelmini tende a muoversi nella stessa direzione, ipotizzando atenei prestigiosi con prestigiosi professori e studenti meritevoli di seguire le loro lezioni, ponendo il concetto di "merito" come asse portante del sistema formativo, sia per i discenti che per i docenti.
Due modelli orientati a dismettere gli automatismi di carriera, le garanzie eccessive che annichiliscono la volontà, i meccanismi della protezione totale che trascinano nella palude dell'inefficienza e del conformismo.
Il '68, anno di svolta fin troppo mitizzato, condusse alla radicalizzazione del conflitto regalando al mondo e all'Europa, non solo all'Italia, varie forme di terrorismo (abbiamo dimenticato Al Fatah e Bader-Meinhoff ? i dirottamenti aerei e le Olimpidi di Monaco ?).
L'Italia uscì definitivamente dagli anni di piombo con la riappacificazione nazionale dei Mondiali 1982, quelli di Bearzot e Paolo Rossi.
Poi un decennio di confitti sotterranei riemersi ed esplosi con Mani Pulite, con il conflitto irrisolto tra magistratura e volontà popolare democraticamente espressa, con le toghe a difesa di sistemi ormai obsoleti e una maggioranza popolare produttiva desiderosa di cambiamento.
Forse, se il patto di Mirafiori sarà confermato e se il governo riuscirà a restare a galla, potremo anche entrare nel nuovo millennio.
Se la resistenza sindacale e politica farà naufragare il progetto Marchionne la FIAT si manterrà americana e l'Italia naufragherà nel dimenticatoio della Storia.
 
 

lunedì 20 dicembre 2010

STUDENTI, TEORIE E PRASSI

Per chi è nato negli anni '50 gli anni '70 hanno segnato il discrimine, il limes, il confine della storia personale, tracciando la demarcazione tra il di qua e il di là.
Allora come oggi si assisteva ad un diffuso malcontento: erano anno di svalutazione competitiva, di crisi petrolifera, di grandi cambiamenti nell'economia planetaria, di guerre guerreggiate tra Israele e paesi Arabi, tra USA e Vietnam. La disoccupazione giovanile era elevatissima, inclusa quella intellettuale.
Lo scenario attuale richiama fortemente quegli anni e oggi come allora sono sufficienti i pretesti, al di là delle motivazioni razionali, per scatenare la protesta e le forme di violenza, di diversa dimensione, che a quella si accompagnano.
L'immodificabilità dell'agire politico degli anni '70 culminò con il sacrificio di Aldo Moro.
La sordità del potere attuale non promette nulla di meglio.
La vera differenza, tra i due decenni, è che allora il PCI era governato da Berlinguer e la CGIL da Lama: l'opposizione aveva idee e progetti, aveva un disegno di società, e i sindacati facevano il loro mestiere a sostegno dei lavoratori, meno connessi rispetto ad oggi a speculazioni immobiliari, meno collusi a pastrocchi di potere, meno alleati delle controparti.
Insomma, c'era un di qua e un di là: c'era un "bipolarismo", anche se espresso da una nutrita serie di partiti.
Gli anni di piombo, si sa, non portarono a nulla. Nessuna rivoluzione, senza il sostegno di ampi strati popolari, si risolve a favore dei rivoluzionari.
Oggi osserviamo un potere più consolidato di allora, con l'alleanza Berlusconi-Bossi ancor più saldamente in testa nei sondaggi, capace di un 43% complessivo al netto del premio di maggioranza.
Per converso il PD non sa proprio che pesci prendere: emotivamente orientato verso una sinistra affabulatrice, poetica, sognatrice quanto priva di schemi economici capaci di modificare l'andamento, in grado di riproporre il sogno di Obama in versione "cime-di-rapa" ma non di tenere i conti in ordine, il PD di Bersani dirige il timone verso il centro con un progetto di pentapartito che abbiamo già visto, purtroppo, ai tempi di Craxi-Andreotti-Forlani.
L'assenza di progetti, di idee, di proposte, di soluzioni politiche e economiche del PD è il vero vulnus, il vero problema della società italiana odierna.
La spocchia degli intellettuali d'area, perfettamente incapaci di comprendere la pancia dell'elettorato, della società, del popolo italiano, segna il tasso di decrescita dei consensi al PD e favorisce, di conseguenza, il centro destra.
L'uscita dei finiani dal governo, intellettualmente apprezzabile se fosse avvenuta dieci anni prima, polarizza il voto a favore di chi al governo c'è.
Domani gli studenti protesteranno contro il cambiamento, a sostegno dello status quo di un'università da bruciare.
E' un pretesto, non una motivazione.
E come i loro padri si scaglieranno contro i simboli del potere, fermo restando che non si aggredisce il poliziotto ma la divisa, il simbolo che indossa.
E ricominceranno i piagnistei dei corifei dei vari poteri, dei senza se e senza ma, dei né con tizio né con sempronio.
Tutto già visto.
La storia si ripete.
Con una grande differenza: negli anni '70 in piazza scendevano studenti e operai.
Oggi gli operai non sono più al centro dell'organizzazione produttiva, anzi vengono svalutati, isolati, decimati, impoveriti.
E gli studenti, da soli, non bastano neppure a far rizzare i capelli al potere.
 

venerdì 17 dicembre 2010

SIPARIO !

Ultime battute della commedia dell'anno.
Gli spettatori attendono la soluzione dell'intrigo, la battuta folgorante,col fiato sospeso, le palpebre pesanti, le mani pronte a incontrarsi in un applauso.
Poiché questa è l'attesa: zucchero a velo su giornate vacue.
Essere lambiti dalla luce riflessa dal sorriso caimano, ecco il sogno inespresso.
Assuefatti al linguaggio basale che appiattisce perfino le emozioni, asfissiati dalla precarietà dei rapporti, del lavoro, della vita, indifferenti al desiderio, infagottati negli sms abbreviati, soppesano il valore di sé misurando orologi e insoddisfazioni.
Invidiano l'attore, la ricchezza, il potere.
Anoressici della parola, stitici delle emozioni, bulimici del pettegolezzo, percepiscono quel senso di inadeguatezza che risale lo stomaco come i topi dagli scarichi, affamati di visibilità, terrorizzati dalla verità di se stessi, inappropriati persino nell'emulazione.
La battuta non giunge, il mistero è irrisolto, l'attore conclude lasciando in sospeso, come un clown senza talento, una battuta senza risata, che anche per ridere ci vuole sforzo e un po' di intelligenza.
Spaghetti e spumante al rinfresco dell'apparenza.
Unghie ricostruite attorno ai calici, smalti brillanti per fotocopie di sorrisi onnivori.
Tutti intenti a spacciarsi per furbi e bizzarri, stravaganti e moderni, in un effluvio di cretinità.
Tutti ansiosi di piacere e compiacere.
Il sogno di pretty woman per tutte, cenerentole di varietà, esaurite dalla simulazione, liofilizzate dalla rinoplastica.
Poi a casa, pollice scorticato sul telecomando.
A rivedere l'attore, l'ipnotista, il mago, il pifferaio, il venditore di sogni da due soldi.
A dirsi che bravo, che uomo, che talento.
Sipario !
Domani si replica.
Si recita a soggetto.
 
 

martedì 14 dicembre 2010

TAV - GAS E INTERESSI VARI

Le grane, quelle serie, sono iniziate dopo che nel mio romanzo "Le piace Kandinsky?" ho ventilato il fatto che i progetti dell'Alta Velocità Ferroviaria in Europa servissero a trasferire al pubblico i costi che avrebbero dovuto sostenere i privati per costruire oleodotti.
I tracciati, infatti, sono palesemente sovrapponibili, e notoriamente la fame di energia è superiore alla necessità di far viaggiare le patate a 300 all'ora dall'Ucraina all'Atlantico.
Fatto sta che da quando pubblicai quel libro me ne sono successe di tutti i colori e un sacco di porte si sono schiacciate contro il mio naso.
Però.
Però quando il Cav stipulò il contratto con gli italiani il "corridoio 5", l'asse trasversale tra Trieste e Lyone via Milano e Torino, era presente.
Poi quando il Cav diventò amico di Putin la Torino Lyone passò in secondo piano.
E da quando il Cav  firmò l'accordo con Putin per il gasdotto South-Stream del corridoio 5 non se ne parla proprio più.
In compenso South Stream ha fatto imbestialire gli USA, che progettavano il north-stream, mezza Europa e soprattutto la stampa finanziaria britannica che, casualmente, ha nelle società di estrazione e distribuzione energetica il punto forte.
Io, si sa, non sono nessuno.
Ma qualche volta ci azzecco...

lunedì 13 dicembre 2010

PER LO SVILUPPO DEL TERRITORIO

Ci sono tre o quattro cose da fare per sviluppare il territorio.
Cose in apparenza complicate, in realtà legate esclusivamente alla volontà politica.
1) esprimere una "valuta di scambio" territorialmente definita, sull'esempio dei WIR svizzeri e di altre forme presenti in diverse contee europee, al fine di promuovere lo sviluppo dello scambio economico, non finanziario, territoriale;
2) ridisegnare le mappe della produzione agricola rinforzando le produzioni territoriali, promuovendo l'attivazione di serre alimentate con energia solare, e sviluppando contestualmente luoghi di commercio sul territorio del prodotto espresso dal territorio;
3) definire le aree agricole in forma di "parco di sviluppo agricolo";
4) orientare l'edilizia non alla costruzione di nuove abitazioni ma alla riconversione e al recupero dell'esistente, sviluppando contestualmente forme di conservazione energetica utilizzando materiali di risulta derivanti dalla produzione agricola (paglia, loglio eccetera).
Quattro punti semplici capaci di ridare ossigeno e qualità della vita al territorio.
Lotta agli sprechi, economia integrata sul territorio, uscita dagli schemi della produzione-distribuzione alimentare industriale, conversione energetica con forte accento sulla produzione di energie rinnovabili spalmate su tutto il territorio.
Non è complicato, è questione di volontà.
Vogliamo darci da fare ?
 
Gilberto Borzini
 

martedì 7 dicembre 2010

UNICA SCELTA PERCORRIBILE

 
Il Parlamento è chiuso per assenza di lavoro.
L' Unione Europea delle Banche e degli interessi statali ha partorito il rifiuto tedesco a farsi garante dei debiti degli Stati deboli.
Goldman Sachs, il principale istituto finanziario mondiale, ha posizionato i suoi uomini ai vertici delle banche centrali, manovrando e governando il collasso finanziario più colossale della storia, impossessandosi, per ora definitivamente, del controllo delle economie su scala globale.
Debito pubblico finanziato dagli istituti di credito e diritto di signoraggio sull' emissione di valuta rendono le banche centrali, aziende private, padrone del mondo.
In questo scenario, e non attraverso schemi ideologici, va inquadrato l'attuale sfarinamento italiano, come quello belga o il corrispondente spagnolo.
Non è casuale che in barba all'impoverimento della popolazione gli interventi statali puntino al rifinanziamento delle banche, perno dell'esistenza degli Stati stessi.
Nel caso italiano i partiti sono divenuti meri rappresentanti di interessi di categoria, dissociati e disgiunti dalle questioni ideologiche dei secoli pregressi, e il loro agire ne è perfetto rappresentante.
La Lega di Bossi ha un solo obiettivo: governare le regioni ricche e produttive, fare del lombardo-veneto una "tigre europea", mettere le mani e tenerle a lungo nella pasta economica di un territorio ancora capace di intrapresa.
Alleato della Lega è il populismo di Berlusconi, che media altri interessi, primo fra tutti quello delle varie mafie del meridione che, in caso di federalismo alla Bossi, riceveranno in premio il Governo delle loro Regioni di appartenenza, convertendo le loro imprese da oscure a legittime, assoggettandosi al pagamento dell' IVA per reincamerare gli importi in ruolo di governo locale.
Altre pesanti cordate competono: gli interessi del Vaticano, finanziari e immobiliari, la rete tentacolare della CDO di Formigoni, attivissima nell'edilizia e nella sanità, il sistema delle cooperative, i forti complessi di interesse delle forze armate e del pubbligo impiego comunque inteso.
Ogni categoria di interesse, ogni ragnatela di rapporti finanziari e speculativi, ha i suoi rappresentanti partitici, che giocano la propria partita in termini di conflitto e non di mediazione politica.
La deflagrazione è imminente.
La fine della politica, sostituita con l'attuale Camera delle Corporazioni, promette tensioni e scontri di alta portata.
Ma è possibile modificare questo scenario, evocativo di scenari orwelliani inquietanti ?
Probabilmente sì.
La geografia amministrativa esistente, disegnata in Regioni e Province coerenti solo sulle cartine mute delle mappe, è un primo limite al cambiamento.
Coerenza vorrebbe il ripristino delle Contee, aree limitate per coerenza economica e produttiva, dove il governo abbia specifiche competenze.
Necessità vuole che la ricchezza prodotta permanga sul territorio, con banche di credito cooperativo, con mutualità di categoria, fuori dai giochi speculativi della finanza globalizzata.
Politica vuole che i cittadini partecipino, come in Svizzera, alle decisioni, con consultazioni frequenti e rapide sui temi di maggiore rilevanza.
Per abbattere i danni della globalizzazione si può solo tornare alla centralità del locale.
Questa è la rivoluzione copernicana d'inizio millennio, senza la quale e fuori dalla quale la completa cessione delle armi alla finanza internazionale sarà inevitabile
 

 

domenica 5 dicembre 2010

L'OCCHIO DEL SERPENTE

Per qualche migliaio di anni gli uomini si sono sforzati di rappresentare il mondo e i miti attraverso l'arte raffigurativa, prevalentemente con il disegno, parzialmente con la scultura. Quella del disegno, e successivamente della pittura, sembrano essere necessità primarie dell'essere umano, che dai graffiti di caccia neolitici ad oggi ha sempre esercitato l'arte quasi fosse un "bisogno" più che un hobby o una professione.
La filosofia protende a valutare quel bisogno con la tensione al comprendere la realtà, di appropriarsene riproducendola, anche se la riproduzione bidimensionale di una realtà multidimensionale appare poca cosa, un'ombra proiettata sulle pareti della caverna per dirla con Platone.
Tra le diverse forme artistiche svluppate dall'uomo vi sono due correnti a prima vista contrastanti.
Da un lato le arti visive (pittura, scultura, fotografia e sue evoluzioni), dall'altro la musica.
Le prime sono materiali, composte di particelle e atomi, la seconda è fatta di onde.
Le arti visive hanno sviluppato modelli e mode culturali lente nei cambiamenti, e alcuni dei modelli originari, basti pensare a Fidia, ancor oggi godono di interesse e apprezzamento; la musica gode di mode brevi, dai rapidi mutamenti, quasi rappresentasse lo stato d'animo e l'emozione del mondo rispetto al corpo-struttura delle arti visive.
La moderna psicologia ci avverte che l'arte, in particolare l'arte visiva, serve all'uomo non per rappresentare ma per definire la realtà che lo circonda, quindi non di riproduzione si tratterebbe ma di effettiva modellazione.
L'oggetto osservato quindi esiste in quanto percepito, elaborato e compreso dall'osservatore dal suo proprio punto di vista e nel rapporto tra osservatore e osservato, indipendentemente dalle qualità intrinseche dell'oggetto se non riportate alla relazione con l'osservatore.
Goethe si soffermò frequentemente su questo argomento, giungendo alle medesime conclusioni della psicologia contemporanea, pur in assenza del supporto scientifico determinato dalle recenti ricerche sui tessuti cerebrali e le interconnessioni neuronali.
L'occhio dell'uomo, e soprattutto il complesso sistema neuronale che capta, registra e interpreta ciò che l'occhio inquadra, trasforma ciò che osserva in ciò che è in grado di comprendere. La riproduzione di ciò che comprende, quello che chiamiamo "arte", rappresenta l'interiorizzazione, l'appropriazione semantica dell'osservato.
L'occhio del serpente è diverso.
Il serpente distingue oggetti animati e inanimati selezionando i diversi campi di calore, calore riflesso o calore (energia) prodotta da altri esseri.
Il serpente guarda l'uomo e vede una minacciosa mole di energia che si muove all'interno di un sistema di complessi energetici distinti, dove ciò che conta sono le quantità di energia e le dimensioni in cui si palesano.
I cani vedono il mondo con sfumature di grigio, i gatti ci vedono al buio: cani e gatti sono in grado di percepire le emozioni di chi li osserva, emozioni che ai loro occhi assumono evidentemente sfumature diverse di energia, quella che alcuni chiamano "aura".
Cani e gatti, e probabilmente moltissime specie animali, "leggono" l'energia-particelle e l'emozione-onda, una sincresi tra il visivo e il musicale di ogni altro da sè.
L'occhio dell'uomo, se non molto raramente, non è in grado di leggere l'aura, non sa leggere l'energia, deve rappresentare per comprendere.
L'occhio dell'uomo è cieco all'energia-particella e sordo all'emozione-onda, e si obbliga a interpretarne i segni esteriori per provare a comprenderli.
Sembra quindi che l'occhio dell'uomo sia il responsabile della trasformazione dell'energia in forma, dei campi energetici in modelli estetici e funzionali, esattamente come ora, mentre scrivo,  interpreto i segni che appaiono - le parole che scrivo - come forme rappresentative di idee , mentre in realtà sono un susseguirsi di campi energetici allineati secondo un modello pre-determinato da me appreso e interiorizzato, condiviso con la maggioranza dei miei simili.
Sostanza e forma dello scrivere, in questo caso, sono conciliabili solo se funzionali alla mia volontà, ma diversissime tra loro nella realtà.
Se proviamo ad osservare il mondo con l'occhio del serpente scopriamo di essere un agglomerato di energie all'interno di altri agglomerati di energie, ogni corpo un "sistema" energetico accerchiato da infiniti sistemi energetici.
Se osserviamo il mondo con l'occhio del serpente i concetti di forma, arte, estetica perdono istantaneamente il significato abituale, vanno rimodellati o forse semplicemente ignorati in quanto superflui, semplice frutto di una necessità rappresentativa determinata dalla caratteristica struttura neuronale della specie umana.
Ignorando la forma, l'arte e l'estetica non possiamo distinguere tra bello e brutto, non potremo discernere il bene dal male ma al più soffermarci sull'utile e il dannoso, cancellando in un attimo qualche secolo di filosofia morale e metafisica.
L'animale che non vede al buio, l'animale che non distingue l'aurea energetica, l'uomo insomma ha dovuto creare un criterio di rappresentazione per afferrare i limiti formali dell'apparenza che lo circonda, e su quella rappresentazione ha costruito una realtà immaginifica, le sue regole, i suoi precetti.
Il mondo come forma apparente che si traduce in estetica e da questa in morale, come una pelle morbida e setosa che nasconde, opportunamente, ghiandole, mucose, secrezioni e miasmi.
L'irrealtà come rifugio estetico e conforto salvifico, la rappresentazione come forma primigenia della volontà.
L'apparenza e l'interpretazione come elemento funzionale al superamento dell'orrore, come quello che produce un corpo spellato.
Cos'è dunque la realtà ?
Un caotico turbinio di masse e di energie che si incontrano e scontrano, si integrano e si scambiano nel continuo divenire o il modello formale che l'occhio dell'uomo ha nel tempo costruito ?
L'occhio del serpente conosce la realtà; l'occhio umano la trasforma e modella, modificandola a proprio beneficio.
La vita  vista con l'occhio del serpente è scambio di energia, acquisizione e predazione di energie terze per conservare la propria, fino a che una diversa e più forte energia non predi la propria, o fino a quando la propria energia complessiva non si esaurisca trasformandosi in altre modalità, in campi minuti di energia.
L'occhio del serpente osserva, l'occhio umano interpreta.
Il terzo occhio è l'occhio del serpente.