venerdì 28 ottobre 2011

L'INTERPRETAZIONE

Sui muri delle città campeggia da poco tempo una nuova pubblicità in cui un uomo regge un libro che riporta la scritta "I fatti sono nemici della verità".  Una scritta a prima vista paradossale, certamente provocatoria, ma in ultima analisi stimolante per una riflessione. Sappiamo bene come non esistano due testimonianze concordanti in un incidente, a volte addirittura sembra, ascoltando i resoconti degli osservatori, che stiano raccontando episodi completamente diversi. L'interpretazione, l'interpretazione soggettiva dei fatti, è la realtà soggettiva. Lo sforzo è individuare una situazione mediana, accettabile da tutti gli osservatori, che potremmo definire come "fatto" e che accettiamo definire come "fatto" malgrado si tratti di una ricostruzione, di una rielaborazione. Una specie di "variazione sul tema" come si usa fare in musica. L'interpretazione dei colori è totalmente soggettiva: potremo concordare con altri sul fatto che il tal muro è grigio, ma difficilmente potremo concordare completamente, senza il minimo dubbio, su quale tonalità di grigio stiamo osservando. Nell'arte, in tutta l'arte, l'interpretazione è la parte fondamentale dello scambio che intercorre tra artista, opera e osservatore: lo stato d'animo e le emozioni dell'artista si incrociano con quelli dell'osservatore in un gioco combinatorio degno della legge dei grandi numeri, il cui risultato non è mai uguale a zero, ma sempre diverso,  anche quando riguarda il medesimo osservatore. Le lingue del mondo ci informano del fatto che con uno strumento uguale (apparato vocale) gli uomini hanno costruito sistemi di codificazione, interpretazione e trasmissione straordinariamente differenti. Con sette note e dodici semitoni scriviamo musiche diverse da millenni, o forse suoniamo sempre interpretazioni diverse della stessa musica. Con pennelli e macchine fotografiche raffiguriamo da sempre gli stessi soggetti, ognuno sviluppando i propri modelli interpretativi, ognuno immaginando di ricreare una propria oggettività attraverso la rappresentazione soggettiva.  In questo incessante brusìo interpretativo la "verità" è l'ultima necessità, confusa molte volte con l'oggettività, che è cosa diversa. Si potrebbe obiettare che in questo panorama la scienza goda di un diverso primato, ma anche la scienza arranca per progressi successivi, per passaggi successivi in cui comunque l'interpretazione soggettiva iniziale del ricercatore-scopritore è l'elemento di svolta, di evoluzione, di sviluppo. Senza l'interpretazione soggettiva, insomma, non esisterebbe nulla, tanto meno, paradossalmente,  i fatti. La verità, come sempre, è un'istanza inconoscibile.

lunedì 24 ottobre 2011

LA FESTA E' FINITA

Eccoci finalmente al dunque. In Tunisia, dopo libere elezioni, si afferma il Partito Islamico. Il Libia, dopo il dissennato intervento occidentale, viene proclamata la Sha'aria come Legge Fondamentale dello Stato.
Chi si fosse illuso sul fatto che la "primavera maghrebina" fosse dettata da criteri di modernità e illuminismo di stampo occidentale è servito, compreso quelle anime belle che in televisione e sui giornali ci hanno menato il torrone per mesi parlando di democrazia e libertà in salsa berbera.
Io, si sa, sono un fesso, e come tale ho affermato fin dai primi moti tunisini che armi e organizzazione erano troppo sofisticate per parlare di rivoluzione dal basso trasmessa via web. Affermai che era alle viste una manovra di accerchiamento, favorita da interessi politici iraniani, capitali arabi e accondiscendenza cinese.
Ero fesso e presumo che morirò ancora più fesso. Perchè ad avere ragione non ci si prova ormai neppure più gusto.
 

mercoledì 19 ottobre 2011

COSTITUZIONE OFFESA

COSTITUZIONE OFFESA

Troppi gli articoli della nostra Costituzione che non vengono applicati. Se lo fossero non saremmo così indignati, l'economia sarebbe al servizio delle persone, la libertà di informazione sarebbe reale.

Art. 41                  L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza , alla libertà e alla dignità umana. La Legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e condotta a  fini sociali.

Art.  47                 La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, controlla e coordina l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice, e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

Viene quasi da piangere nel leggere questi due articoli della nostra Costituzione. Quali controlli esercita la Legge nei confronti di un' iniziativa economica che di utilità sociale non ne ha ? Quali controlli opera sull'esercizio del Credito, sempre più iniquo, vessatorio, speculativo, oltraggioso nei confronti del cittadino ? Quali controlli, quando l'amministratore delegato di Unicredit è indagato per frode fiscale per oltre 250 milioni di euro ? Quali istanze opera la Legge a supporto di un risparmio eroso dalla finanza, dai licenziamenti, dal precariato? Quali favori opera per il risparmiatore nei confronti delle grandi imprese produttive, alcune impastoiate fino alla nausea in vicende giudiziarie (Finmeccanica), altre in chiusura (Fincantieri) altre in fuga (FIAT) ?

martedì 18 ottobre 2011

IL TUTTO E IL NULLA

IL TUTTO E IL NULLA

Esiste un parallelo sconcertante tra filosofia, politica e arte: un "continuum" che ha caratterizzato gli ultimi due secoli ed è ora destinato ad una profonda trasformazione.

Con la Rivoluzione francese (1789) inizia l'ascesa della borghesia, industriale e commerciale. E' un processo economico che abbraccia l'emersione dell'Illuminismo e dell'Idealismo, filosofie che traggono spunto dalle medesime premesse ma che giungono a conclusioni profondamente dissimili. In una si afferma la Ragione dell'Intelletto, al netto delle gerarchie sociali, mentre nella seconda il finalismo ideale è prevalente rispetto al puro intelletto. Una forma borghese, la prima, che tende a liberarsi dall'oppressione dello Stato, una forma diversa, la seconda, che tende a formare lo Stato borghese. Concetti a cui anche la musica si affianca. Con Beethoven, inizialmente incompreso dall'aristocrazia, la borghesia trova il suo momento musicale, trasformando l'autore, fino ad allora appartenente alla congrega degli artigiani, in artista, in figura ideale. Beethoven, Schumann, Wagner, Brahms, Chopin  e via fino a Mahler e Richard Strauss offrono alla borghesia un modello artistico di riferimento, unitamente ad un linguaggio tecnico-teorico-ideale musicale di riferimento. Un linguaggio che si basa sull'attesa (creata dalla melodia e dall'armonia) e dalla risposta all'attesa, definita dall'evolversi della struttura sinfonica o concertistica. Un linguaggio che il pubblico comprende e apprezza.

In quel mondo complesso, in cui società, economia, filosofia e arti seguono percorsi paralleli, si inserisce nel 1848 il pensiero marxiano, che tende a interpretare fino alle estreme conseguenze la curva delle possibilità di sviluppo e di trasformazione che lo scenario economico-politico-sociale dell'epoca individua. Marx affermerà che il comunismo è la conseguenza logica dello sviluppo del capitalismo borghese. Marx non cambia il linguaggio della filosofia, non trasforma le regole della tecnica o della teoria socio-politico-economica. Volendo individuare un parallelo con la musica Marx sta alla filosofia come Stravinsky sta alla musica. Ma ecco che su entrambi i lati del campo, quello filosofico e quello musicale, entrano nuovi attori. In filosofia politica giunge Lenin, in musica Schonberg. Entrambi sviluppano i temi originali attribuendo però alle rispettive aree di competenza la necessità di abbattere la tecnica, la teoria, la struttura.

A Lenin seguono una moltitudine di autori, a Schonberg segue Werner che spiega benissimo la teoria della dodecafonia, ma non riesce a vendere un brano. Nella musica dodecafonica mancano le regole dell'attesa e della risposta, regole auree del successo della musica classica. In assenza delle quali il pubblico reagisce negativamente.

Le due teorie, il comunismo leninista e la dodecafonia, conquistano un pubblico estremamente limitato, in quanto tale estremista e intimamente convinto della propria superiorità intellettuale. Quelli che non capiscono la dodecafonia si rifugiano atterriti nelle braccia solide di Beethoven, Bach, Mozart, mentre gli amanti della contemporaneità li tacciano di revisionismo, di imbecillità, di non saper riconoscere la genialità. Come fanno i leninisti con chi non professa le medesime opinioni politiche.

Il novecento si spende nel dualismo (rossi e neri, guelfi e ghibellini, classici e contemporanei). La musica dodecafonica non decolla, rimane incomprensibile ai più; le strutture statali comuniste crollano sotto il proprio stesso peso. Nella società di inizio millennio che vede scomparire rapidamente sia la borghesia che il proletariato intesi in termini "marxiani" ecco apparire nuove forme musicali pop, basate su strutture semplice, comunicabili, quasi della parole d'ordine in forma di  riff. Nella rete si definisce una nuova classe sociale, un quarto stato dotato di potere d'acquisto e di competenze variegate, un quarto stato figlio di mamma borghesia e papà proletariato di cui disconosce drasticamente la parentela. Sul fronte politico-filosofico ecco apparire la democrazia diffusa attraverso la rete: parole semplici, slogan essenziali, concetti facilmente comunicabili in tutte le lingue mediante il web.

Società, filosofia, arte, politica, economia seguono sempre - sempre sia chiaro - percorsi paralleli.

Forse possiamo capire il mondo che si sta strutturando  attraverso l'attenta analisi dello scenario musicale e della rete. Forse, e il dubbio è pertinente, stiamo osservando uno dei più grandi cambiamenti che la Storia dell'Uomo ricordi.

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