lunedì 19 settembre 2011

Il Sospetto

  

Se rileggo la storia del novecento, della prima metà del novecento e in particolare del periodo 1920-1940, individuo alcune attinenze un tantino preoccupanti con la realtà odierna.

1)      Gli USA entrarono in depressione nel '29

2)      La Germania sfociò nella crisi di Weimar in conseguenza della bancarotta di Wall Street

3)      In Germania prese il potere Hitler

4)      Gli USA rilanciarono l'economia attraverso una forte collaborazione industriale e finanziaria con la Germania nazista

5)      Il progetto nazista era di trasformare l'Europa in una Pan-Germania (oggi chiamata Unione Europea)

6)      Il progetto andava benissimo, inizialmente,  agli USA, tanto che ad inizio guerra – e per tutto il successivo biennio di guerra – non intervennero (l'attacco giapponese a Pearl Harbour è datato 7.12.1941, la Germania invase la Cecoslovacchia nel settembre del 1939)

7)      Durante la guerra il fronte principale per gli americani è quello sul Pacifico, l'Europa è sempre considerata marginale

8)      La situazione tedesca non preoccupa gli USA, che respingono  al mittente le navi di profughi, ebrei e non

9)      Il fronte europeo diventa essenziale quando Hitler comincia a perdere (dopo Stalingrado) e gli USA paventano un'invasione europea da parte della Russia di Stalin

10)   Gli USA entrano in campo in Europa rammaricandosi di conquistare Berlino un attimo dopo i Russi

11)   La priorità USA è anti-Mosca : dopo la guerra impongono con Yalta la propria Governance sull'Europa occidentale,  il controllo sulle risorse energetiche a mezzo insediamento del nuovo Stato di Israele, supportato da una delle più grandi mistificazioni della storia contemporanea (la Shoah) visto che prima della Guerra in Europa vivevano 4 milioni di ebrei e dopo la guerra ce n'erano ancora 3 milioni  e 600 mila circa erano emigrati tra Palestina e USA: quindi i 6 milioni di ebrei morti nei campi di concentramento sono una favola)

12)   Con il crollo del sistema sovietico (1989) riparte la corsa al pangermanesimo (economico, monetario, finanziario) supportato dagli USA

13)   Gli USA entrano in fibrillazione finanziaria (da Lehman bros in poi)

14)   Il sogno pan germanico sembra sfaldarsi a causa delle ripercussioni finanziarie innestate dai crack di Wall Street

15)   L'Europa dipende per la sua energia da Mosca e da altri "stati canaglia" regolarmente invasi dagli USA per esportare la democrazia (next stop Damasco, Siria)

16)   Pechino ha preso il posto di Tokyo nelle relazioni con gli USA sul Pacifico, e guarda con preoccupazione alla situazione finanziaria americana

17)   Pechino non può tollerare un crack americano che vanificherebbe tre quarti del proprio credito finanziario

18)   Pechino estende la propria influenza nel mondo (Africa  per risorse minerarie e energetiche)

Insomma, ho la sensazione che, mutatis mutandis, ci sia una perfetta sovrapposizione di scenari.

domenica 18 settembre 2011

il Grande Cambiamento

 

Basta guardare un albero per capire che l'ultima foglia dell'ultimo ramo è "connessa" alle radici Un albero è un sistema complesso. La società è un sistema complesso.

In questo il macro e il micro si incrociano e si assomigliano, come spesso accade.

L'Europa e l'Italia hanno perso di vista in questi ultimi anni la propria Storia, le radici, i valori, la cultura, avvolte in una Storia più grande, globale, nel tentativo di adeguarsi al cambiamento, di rinnovarsi, di partecipare al grande gioco che altrimenti annichilirebbe il continente.

Sono periodi che includono tutti, di cui si ha coscienza o meno, che raccontano solo a posteriori quanto è accaduto.

Se nei secoli precedenti Stati e individui dovevano organizzare il proprio percorso partendo dalla radice di provenienza, l'attuale scenario globale ci informa che le radici sono ininfluenti, che i ponti col passato e la tradizione, vanno tagliati di netto. Se nei secoli precedenti la tradizione era l'ancoraggio vitale, oggi è solo un retaggio, una certezza di sconfitta, la negazione dell'integrazione necessaria.

Viaggiamo tutti su un volo low-cost, dobbiamo lasciare a terra la valigia pesante e viaggiare col bagaglio a mano.

Nei miei corsi aziendali insegnavo che la riorganizzazione implica l'annullamento dei processi precedenti e la ricostruzione dei processi in un percorso bottom-up, cosa diversa quindi dall'adattamento che è una modifica parziale dei processi di modello top-down. Il nostro modello originario di tipo gerarchico lascia spazio al modello insiemistico (lo descrissi nel 1998 come "gerarchia degli insiemi") in cui la "rete" è il canale essenziale, lo strumento base.

 In questi giorni ho visto in edicola un libretto dove si presenta al mondo italiano il modello "kaizen", adattamento sistemico e permanente di origine giapponese. Cose che insegnavo dieci anni fa e oggi, a mio avviso, totalmente superate. Il modello attuale rinnega il "cambiamento adattativo" ma esige la "riorganizzazione sistemica e dei processi", nelle imprese, nella Governance e negli individui.

Forse i Maya avevano l'occhio lungo, certamente quanto sta accadendo è una vera "rivoluzione", una radicale modifica delle relazioni e del modello di pensiero. La data del 20.12.2012 è coerente con la mutazione in corso.

Passeremo dal pensiero solipsista al ragionamento reticolare e condiviso, dal governo centrale alla wiki-democracy: le convulsioni in corso nello scenario globale rappresentano il crollo del precedente modello, l'agonia del passato. Le categorie economiche e politiche del passato, anche recente, vengono spazzate,  annullate, ridisegnate, resettate.

Il processo include tutti, volenti e nolenti. Dobbiamo ripensare i modelli sociali, economici, politici, relazionali. Dobbiamo scrollarci il passato dalle spalle, guardare esclusivamente al futuro senza immaginarlo clone del passato.  

La società si trasformerà da "ramo che pensa se stesso come autonomo", ad "albero come sistema complessivo".

E' questo il grande cambiamento che abbiamo davanti ai nostri occhi.

Per conquistare questo obiettivo dobbiamo avere il coraggio di interiorizzarlo, di tagliare i ponti con la tradizione, il passato, i modelli di riferimento. Non sarà un cambiamento indolore, ma è un percorso avviato, irrinunciabile in cui chi si ferma per guardare indietro resta inevitabilmente escluso.

 

http://paroladiborz@blogspot.com

 

sabato 10 settembre 2011

scimmie, shibari e sushi

Basta. Per favore basta. Basta fare le scimmie che imitano le stupidaggini. Basta con i Manga, dove personaggi dalla sessualità incerta esprimono violenza certa, dove penose e sempre identiche storie fanno rimpiangere Re Artù,Lancillotto, Ivanhoe, Orlando e D'Artagnan. Basta con le Geishe, prigioniere di prima classe di un mondo maschilista e sciovinista dedito esclusivamente al proprio piacere. Basta col Sushi, il modo più monotono e insapore di nutrirsi, a dispetto di oltre 1500 ottime ricette mediterranee. Basta con lo Shibari, atto estremo di violenza, sopraffazione, dominio del maschio sulla donna, aberrazione mentale camuffata da cultura. Basta con tutto quello che rappresenta la negazione della parità tra ai sessi. Basta con tutto quello che mortifica l'amore ed esalta la distorsione e l'aberrazione sessuale. Riappropriamoci della nostra identità, della nostra cultura. Migliorandola, se si può. Ma basta fare le scimmie delle perversioni mentali giapponesi.

 

mercoledì 7 settembre 2011

LA GATTA FRETTOLOSA E I GATTINI CIECHI

 

Se mezzo continente è in sofferenza il problema va ricercato nella struttura dell'UE, senza accusare i singoli Stati membri.

Il proverbio è antico, il senso è comune: le cose fatte di corsa vengono male. Il governicchio italico propone l'aumento dell'IVA per diversi generi, tra i quali abbigliamento e automobili, due categorie di prodotti che non si vendono, che da anni sono in iper-sofferenza, con crolli di vendita più simili alle rapide del Colorado che a trend periodici. Facile immaginare che il provvedimento normativo porterà ad un'ulteriore contrazione dei consumi  invece dell'auspicato incremento erariale. Ma il governicchio italico ha mani e piedi legati, non disponendo ormai più della necessaria autonomia decisionale statuale, sottratta ormai da anni  col trasferimento delle scelte di politica economica da Roma a Bruxelles.

Le borse europee crollano di lunedì, perdono il martedì, rimbalzano leggermente il mercoledì e la stampa ufficiale esalta i rimbalzi tecnici, quasi fossero ascese verticali. Tutti cercano un colpevole e gli  indici accusatori puntano verso l'Italia, ma a ben guardare il possibile default non riguarda l'Italia, riguarda e interessa l'intera Europa.  Se la falla fosse italiana sarebbe la Borsa di Milano ad andare male, invece Francoforte va pure peggio.

L'elemento critico non è la stabilità di questo o quel paese, ma la struttura dell'Unione Europea intesa come meccanismo economico e finanziario. E' l'Europa che non funziona, non la Grecia, la Spagna, l'Irlanda o l'Italia. Se metà continente è in sofferenza la natura del problema va cercata a monte (se tutta la classe non va bene in matematica, forse il docente dovrebbe cambiare modalità di insegnamento).

Se l'intero sistema del credito vacilla non è colpa del solito governicchio italico, ma il vero malato è il sistema finanziario, quello che ha sostituito la normale e sana economia produttiva concorrenziale e che, per interessi incrociati, tiene in scacco i governicchi di tutta Europa, palesemente impotenti davanti ai rispettivi creditori (merchant bank, fondi sovrani, istituti finanziari, agenzie di rating).

Non potendo e non volendo affrontare il toro per le corna, non potendo o non volendo liberarsi di BCE e FMI, i governicchi ricorrono ad espedienti da quattro soldi, buoni per essere sbandierati come soluzioni salvifiche e in realtà utili solo per moderare l'accanimento speculativo sugli interessi finanziari del debito pubblico. Ai benefici effetti dei provvedimenti adottati non crede nessuno, però va bene che la stampa diffonda l'idea che "stiamo lavorando per voi".