mercoledì 10 novembre 2010

IL CERINO E LA BOMBA

E' facilmente prevedibile che il 2011 segnerà il 150mo anniversario dell'unità nazionale e, contemporaneamente, la sua dissoluzione.
La crescita dei Movimenti secessionisti in Sicilia, in rapida estensione nel mezzogiorno, e l'affermazione della Lega nel nord si avviluppa nelle spire del rapido aumento del differenziale dei titoli di stato rispetto ai bond tedeschi, passato da 1,14 a 1,92 in un anno.
Sarà la finanza a produrre la lacerazione finale dello Stato ? Probabilmente sì.
L'incremento dei tassi di interesse implica l'aumento del debito pubblico che a sua volta genera restrizioni di disponibilità distributive e/o incrementi della fiscalità.
Le crisi aziendali e occupazionali, pertanto, non sembrano potersi ridurre, mentre lo Stato non ha risorse sufficienti né per il sostegno all'occuazione né per il riassetto ambientale di cui  c'è estremo bisogno in un paese in cui quando piove si sgretola tutto.
Assistiamo interdetti ad un utilizzo della forza pubblica che a sud manganella le famiglie che si oppongono agli sversamenti di rumenta in un parco nazionale e a nord chi sostiene il diritto alla sanatoria per i migranti che vogliono lavorare in regola: un atteggiamento che difficilmente porta a sostenere gli interventi statuali.
Assistiamo allibiti agli abusi di potere del presidente del consiglio per favorire un'amichetta di facili costumi senza permesso di soggiorno.
Assistiamo mortificati alla devastazione praticata da torrenti quali il Sele, il Bacchiglione e il Polcevera che non sono il Mississippi.
Assistiamo sconcertati al taglio orizzontale di tutte le risorse pubbliche, taglio senza capo né coda, senza giustificazione, tipico di un'assenza di obiettivi.
Assistiamo all'imbarazzo delle amministrazioni locali che stentano a disporre del minimo necessario per le funzioni istituzionali.
Osserviamo che se al monte delle tensioni sociali si aggiunge il taglio delle risorse il risultato non può che essere un'accelerazione del malessere e la facile quanto comprensibile tentazione dell'autonomismo locale.
Su tutto ciò incombe il macigno della politica nazionale: Berlusconi si regge esclusivamente sull'appoggio della Lega e la Lega fa da stampella a Berlusconi escusivamente in vista dell'approvazione del federalismo. Ottenuto il federalismo la Lega punterà direttamente al governo delle risorse del nord ricreando di fatto il Lombardo-Veneto pre-risorgimentale, i nuovi potentati economici del meridione disporranno di proprie rappresentanze politiche (autonomiste e secessioniste) e non si faranno ripetere l'invito.
Resta da capire se si prospetta una separazioni consensuale (come fu per la Cecoslovacchia) o violenta (come per la Yugoslavia).
Dietro al cerino della crisi governativa c'è una miccia corta e una bomba potente.
 
 

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