sabato 2 ottobre 2010

AGLI AMICI CHE FANNO POLITICA

Il noto giornalista, bersaglio di un temibile attentatore in agguato, rientra in casa.

L'attentatore lo attende sul pianerottolo di casa, ma prima di palesarsi attende che il bersaglio si chiuda alle spalle la porta.

La scorta decide di non prendere l'ascensore ma di scendere dalle scale, e incontra l'attentatore.

La scorta spara un colpo, l'attentatore ne spara due, nessuno viene colpito.

Nessuna traccia di sangue, quindi, per inseguire l'attentatore.

L'attentatore fugge per i giardini intercondominiali.

La scorta da l'allarme.

Ricerche inutili dell'attentatore.

Anni prima lo stesso agente di scorta aveva affrontato un episodio in tutto simile a quello raccontato (porta chiusa, pianerottolo, bang-bang-bang, fuga bucolica, nessun ferito, nessuna cattura).

Alcune riserve sulla pratica di tiro dell'agente di scorta.

Consistenti riserve sulla realtà dell'episodio.

 

Domanda italica per eccellenza: cui prodest ?

Tra le regole della politica ne cito sette che reputo esiziali:

 

1)      Coerenza e mantenimento delle posizioni non rientrano nell'agire politico: la politica è dinamica.

2)      Fare politica in chiave etica è come bere il tè con la forchetta.

3)      Gli elettori decidono in base a meccanismi irrazionali, ai propri desideri e alle paure.

4)      L'identificazione con il leader ha poco a che fare con la ragione e molto col sentimento e la suggestione.

5)      La verità non esiste: il politico manovra le opinioni, non la verità.

6)      Nel format della politica il consenso si ottiene con l'empatia più che con la ragione

7)      Generare mostri, suscitare allarme, è strumento politicamente utile quando si rischia una diminuzione del consenso.

 

O sbaglio ?

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