lunedì 18 ottobre 2010

L'ANIMA

Un celebre libro del teologo  Mancuso cerca di spiegare in oltre cinquecento pagine il destino dell'anima.
Peccato che l'anima sia indimostrata. Peggio, non c'è.
Partiamo dal fatto che gli animali, i mammiferi certamente ma anche gli altri esseri viventi, pensano.
Il pensiero è la manifestazione dell'organizzazione neuronale.
Nell'uomo il pensiero cerca di rappresentarsi, e ovviamente si rappresenta come incorporeo, cedendo alla tentazione di non definirsi come epifenomeno del corpo, come manifestazione di un'organizzazione chimico-fisica neuronale, ma come entità autonoma, distinta e separata dal corpo, eterea, incorporea.
Cosa che evidentemente non è.
Il pensiero che riflette su se stesso evita di farsi coinvolgere dalle magagne del corpo, che sa essere caduco e destinato alla svaporazione.
Il pensiero, quindi, si autodefinisce come permanente e di lì tende a gratificarsi attraverso l'immortalità che, unito al corpo, gli sarebbe negata.
Se il pensiero è caduco quanto il corpo ne consegue che il suo riflesso, la sua immagine di sè che chiama spirito, è altrettanto caduca e mortale.
A tutti è noto come il corpo influenzi la mente e lo spirito: un malanno o un malessere, un dolore o una malattia, inferiscono consistentemente sulla struttura dell'organizzazione mentale.
La violenza, l'astio e la rabbia di Lutero non sono comprensibili se non si considera l'afflizione di Martino da una stipsi ostinatissima che lo condurrà alla morte.
Quindi il corpo, null'altro che il corpo, è il fulcro delle cose.
La mente è figlia del corpo, il pensiero una manifestazione della mente, lo spirito una rappresentazione del pensiero.
I romani lo avevano ben capito quando affermavano "mens sana in corpore sano", non disgiungendo i due termini, ma accumunandoli in un medesimo organismo complesso.
Poi arrivarono i cristiani, che divisero con l'accetta lo spirito dal corpo, e si scatenarono le nevrosi.
 
 

Nessun commento:

Posta un commento