Goldman Sachs, IBM Retirement Plan Trust, Pension Benefit JP Morgan, Grindavik Fund, Cattolica Partecipazioni spa, Societè Generale, Arion Bank, Corporacion Andina de Foment, Abrams capital partner, Banco Popolare s.c. London Branch, Caisse d'Epargne de l'Etat, Raiffeisen Zentralbank, Minnesota State Board of investments, Indonezische overzeese Bank, Caixa Catalunya, Slovak Telekom, Morgan Stanley, Lybian Arab Foreign Investments, Dexia Bank Belgium, First Commercial Bank, Lucent Tecnologies Pension Trust, ING, Banque Havilland, Commercial Bank of China, The Prudential Insurance Company of America, Pioneer funds, Credit Suisse, State of Oregon, Deutsche Bank, Bayerische Landesbank, The Royal Bank of Scotland, UBS, Sumitomo banking Corporation, Bipiemme vita spa, sono solo alcuni dei 28,167 creditori riconosciuti della banca islandese Kaupthing Bank hf.
Il totale dei crediti riscontrati dall'apposita commissione tenutasi a Reykjavik il 22 gennaio 2010 e presieduta da Feldis Lildja Oskarsdottir è di 7.316.225.878.293 (settemilatrecentosedicimiliardiduecentoventicinquemilioniottocentosettantottomiladuecentonovantatre corone islandesi) pari a 46.898.883.835 euro (quarantaseimiliardiottocentonovantottomilioniottocentottantatremilaottocentotrentacinque) al cambio odierno di 1 euro = 156 ISK.
Poca cosa, se volete, rispetto al fallimento di Lehman Brothers dicharato il 15 settembre 2008 con debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi (totale 1.407 miliardi di dollari).
Fatto sta che nei due fallimenti i grandi creditori sono in buona parte gli stessi.
Quello che spaventa maggiormente è il "silenzio" mediatico sceso sui due casi.
Un silenzio teso soprattutto a mascherare o a coprire l'effettivo stato di salute dei creditori tra i quali si annovera un consistente stuolo di Fondi Pensione, privati e pubblici.
In pratica i Fondi Pensione hanno perso i fondi, e non potranno assicurare ai loro clienti né le pensioni né i servizi ad esse correlate.
Non sorprende allora che i Governi si siano subito mossi per elevare, anche sensibilmente, l'età pensionabile dei lavoratori appellandosi a statistiche - elaborate da agenzie governative - tese a dimostrare l'aumento delle aspettative di vita.
Nel frattempo la crisi economica continua: l'Italia "cresce" dell'1,4% che, al netto dell'inflazione all'1,7% determina una decrescita dello 0,3%, ovvero stagnazione.
La Cina perde colpi col dimezzamento della crescta del PIL, a causa del diminuito potere d'acquisto dei paesi clienti.
L'aumento della disoccupazione determina la diminuzione delle entrate erariali e dei relativi contributi pensionistici, rinforzando il teorema del non riconoscimento delle pensioni.
Di questo passo potremmo assistere alla rinascita delle "tessere annonarie", ovvero la sostituzione dei contanti con buoni acquisto per i pensionati.
E non è fantapolitica.
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