lunedì 23 agosto 2010

IL PRECARIO E IL DELINQUENTE

Mentre Felice Maniero si rifà una vita, con nuovo nome, lavoro e collocazione gentilmente offerti dallo Stato, un suo coetaneo cinquantenne di Palermo fa lo sciopero della fame per uscire dal precariato, viene colto da malore e ricoverato in ospedale.
Due storie, purtroppo non rare, anzi piuttosto comuni.
A Felice Maniero lo Stato riconosce  il merito di essersi pentito e di aver contribuito a sgominare i componenti della sua stessa banda criminale.
Al Precario, che da venticinque (25 !) anni si arrangia con le supplenze, lo stesso Stato non riconosce nulla, se non il diritto alla speranza.
In un Paese di diritto le due storie dovrebbero essere invertite, ma l'Italia non è un Paese di diritto.
In Italia spadroneggiano delinquenze di varia natura, si uccide in strada e in spiaggia, bande di diverso livello di pericolosità si spartiscono il controllo dei quartieri, cosche e cricche intrallazzano per milioni di euro.
E i precari ?
E i piccoli imprenditori suicidi perché massacrati dalla crisi e dalle banche ?
E quelli che devono far ricorso agli usurai ?
E quelli che hanno versato decine di migliaia di euro in contributi senza avere in cambio nulla ?
O quelli che dovranno lavorare fino alla quarta età in cambio di pochi spiccioli di pensione ?
E quelli che stentano ad arrivare a fine mese ?
E quelle giovani coppie che hanno avuto l'ardire di fare figli, e non riescono a far fronte alle spese ?
In un Paese che ricorda sempre più drammaticamente la Colombia occorre farsi una domanda: vale la pena essere onesti ?
Le storie di Felice Maniero e del Precario palermitano ci danno la risposta: no.
Purtroppo no. Non ne vale più la pena.
 

Nessun commento:

Posta un commento