"Quando la mente è turbata, si produce il molteplice, ma il molteplice scompare quando la mente si acquieta"
(Asvaghosa - il risveglio della fede)
Cartesio, si sa, ha separato la mente (res cogitans) dalla materia (res extensa). L'occidente ha fatto suo questo principio traducendo la propria interpretazione del mondo come meccanicista e la visione dell'uomo come una coscienza ospite - più o meno gradita - di un corpo-macchina.
Da qui si è ulteriormente prodotta una vasta serie di suddivisioni degli individui, così come dei propri organi, per competenza, attività, capacità, sviluppando una serie di conflitti difficilmente governabili conseguenti alle "categorie" gerarchicamente impostate.
Ancora, la frammentazione dell'uomo e la distanza meccanica dal mondo esperienziale fa sì che l'individuo si viva come avulso dall'ambiente, sentimento alla base dell'incuria, del non rispetto, dello sfruttamento delle risorse.
Nella filosofia buddhista la nostra tendenza a dividere il mondo percepito è chiamata vidya, ovvero ignoranza, ed è considerato uno stato di turbamento mentale.
La concezione del mondo, nelle filosofie orientali, è dinamica e fluida: il tempo e il mutamento ne sono parte essenziale e le forze che causano la dinamica sono proprietà intrinseche della materia, non agenti esterni o volontà metafisiche.
Corrispondentemente l'immagine orientale della divinità non è quella, tipicamente occidentale,di un sovrano che dirige il mondo, ma quella di un principio che muove ogni cosa.
"Colui che risiedendo in tutti gli esseri
da tutti gli esseri è diverso
lui che tutti gi esseri non conoscono
per il quale tutti gli esseri sono corpo
lui che governa all'interno di tutti gli esseri
questi è il tuo atman
l'ultimo reggente
l'immortale"
(Brhad-aranyaka-upanisad)
Solo cambiando prospettiva culturale l'occidente può evitare di auto distruggersi.
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