giovedì 22 luglio 2010

PSICHE, FOTO & LIBERTA'

Wilhelm Reich, psichiatra austriaco di scuola freudiana, negli anni '40 scrisse un libro rivoluzionario del titolo "la funzione dell'orgasmo".
Rappresentava la sua teoria parlando di "orgone", energia del movimento, definendo l'orgasmo come un momento di liberazione dell'energia in eccesso.
Diceva molto altro, il libro è di circa 500 pagine, e fu uno dei testi che portai a psicologia 2, esame che sostenni con Fornari, allora presidente della società psicologi italiani.
Con Reich condivido la data di nascita (24 marzo), le posizioni in materia di religione e il non riconoscimento dell'autorità giudiziaria, in quanto a-morale e portatrice di interessi di parte, non del bene collettivo.
Ora mi pare che nel campo della fotografia si debba  parlare non di "funzione" ma  di "finzione dell'orgasmo".
Migliaia di scatti, più o meno riusciti, "rappresentano" o vorrebbero rappresentare l'estasi, e di solito lo fanno con espressioni gelide, con imitazioni degli stereotipi, brutte copie di atteggiamenti, quasi che
a) o nessuno sa interpretare bene
b) o nessuno sa che faccia ha durante l'orgasmo
c) o nessuno ha mai consapevolmente avuto un orgasmo
La cosa mi sconcerta.
Viviamo in un mondo che dell'immagine fa la propria ragion d'essere, ma quasi sempre siamo circondati da icone  truccate, da comunicati stampa spacciati per notizia, da una pornografia che recita l'amplesso senza viverlo, come atto meccanico, che banalizza l'anima ben più del corpo.
Ora bisogna intendersi su ciò che vogliamo definire per Arte.
L'arte può essere pura rappresentazione del reale o reinterpretazione del reale.
L'arte può essere materia o immagine.
L'arte è descrittiva e oggettiva o l'arte è visione soggettiva più o meno condivisibile ?
L'arte è per l'artista o l'arte trova conferma solo se esiste un osservatore ?
L'arte è tecnica applicata o emozione  partecipativa ?
Domande, domande, domande.
Proviamo a cercare qualche risposta.
L'arte non può separarsi dall'esperienza. Può reinventarla, interpretarla, stravolgerla, sublimarla.
In ogni caso deve creare emozione nell'osservatore.
Se non crea una qualsiasi emozione non è arte.
Ho passato ore attonito davanti al bambino sul cavallo di Fidia; non faccio caso al cavallino rampante di Ferrari.
E torniamo al nostro mondo fotografico.
Scorro decine di portfolii, e non provo nessuna emozione.
E da cosa dipende l'assenza dell'emozione, di pathos; la noia che coglie sfogliando portfolii. Dall'abitudine ? eh no...
L'arte non provoca noia da consuetudine: l'arte emoziona sempre, anche quando guardi la stessa opera per la millesima volta.
Magari di meno, ma emoziona.
Certo, dirai, il ventaglio delle emozioni possibili è praticamente infinito, il rapporto che l'osservatore ha con l'arte passa inevitabilmente dall'esperienza dell'osservatore, che filtra, decodifica, ricompone, secondo il proprio linguaggio mentale e culturale. Bene.
Allora perché mai davanti alle fotografie che guardo non provo alcuna emozione ?
Forse perché il mio personale bagaglio esperienziale è superiore a quello medio ? Può darsi, ma non basta.
Forse perché ciò che osservo è banale ? Più probabile.
Allora per produrre arte bisogna uscire dalla banalità ? Possibile.
La realtà è banale ? Quasi mai.
Pensa alle foto di Cartier Bresson, di Barengo Gardin: attimi di realtà immersi nell'emozione, catturati al volo, senza applicativi tecnici superflui.
Pensa ai ritratti di Snowdon, capaci di far emergere lo spirito o il carattere del soggetto.
I Premi Pulitzer si vincono intercettando l'attimo in cui la realtà è cruda e nel contempo rappresentativa delle emozioni, sapendo che l'emozione delle emozioni, la molla di tutta l'evoluzione, è la paura,  seguita a breve distanza dalla pulsione di tutte le pulsioni, la riproduzione sessuale.
Hai mai notato, nella tua esperienza, l'espressione del partner al culmine del piacere ? Spesso assomiglia alla sofferenza.
Esiste un legame prepotente tra il piacere e la sofferenza, un legame di parentela, i due estremi che insieme definiscono l'intero, l'incontro tra Yin e Yang.
Domanda di controllo: hai mai avuto un partner che sia scoppiato a ridere mentre raggiungeva l'orgasmo ? Se sì presentamelo, è una vera rarità.
E hai mai notato come dopo l'orgasmo, o durante il piacere,  i lineamenti si distendono, il viso sembra perdere anni?
Ecco quello che manca nelle fotografie che osservo oggi: manca l'osservazione della realtà.
Manca ciò che nel reale appare come più evidente.
Paura, sofferenza, piacere, estasi non sono parole, ma espressioni intere del soggetto: il corpo intero ne è partecipe; la falsa mimica, l'imitazione è immondizia concettuale.
Metodo Stanislavsky ! Essere il proprio ruolo. Non recitare, ma diventare. Non interpretare, ma essere.
Marlon Brando, Paul Newman, Robert De Niro, Al Pacino hanno seguito quella scuola (durissima, tempi lunghi, iper selettiva).
Gli altri recitano: stanno di fronte a questi mostri come una filodrammatica di provincia comparata alla Compagnia Stabile di Shakespeare.
Nei prossimi mesi lavorerò sui due binomi: sofferenza/paura vs. piacere/estasi, alla ricerca della pura emozione.
Sarà dura, difficile, complicata.
Bisogna superare tutte le soglie limitative e limitanti della personalità, a partire da quella del pudore, quel cemento secco che trattiene l'emozione generando demoni.
Bisogna lavorare su di sé, definire la propria libertà, svincolarsi dall'appreso per far emergere il proprio vero io.
Bisogna abolire l'ipocrisia, il coformismo, il compromesso, la mediazione.
Bisogna fare e rifare le stesse cose, fino a che lo stucco che copre il vero si sia completamente sgretolato.
Bisogna risalire agli archetipi emozionali, alla radice, al nucleo originario.
E osservare i cambiamenti, i miglioramenti che si registrano ad ogni passo.
Una domanda Zen chiede "sai descrivere il tuo viso prima di nascere?".
E' una domanda che mette i brividi, perché inevitabilmente la risposta immediata è no.
Un no che si estende al proprio io originale, accartocciato sotto montagne di macerie sedimentate dall'educazione, dai ruoli, sostitutivi dell'essere.
Trovare il proprio io, lo spirito originario, l'essenza di sé è' un percorso affascinante, raggiungere una vetta avendo vinto le vertigini, scoprire un tesoro sommerso, un nuovo continente che c'era da sempre, ma non si osava scoprirlo.
Con il che avrò definito il mio percorso.
 

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