lunedì 17 maggio 2010
PERCHE' IN ITALIA NO ?
Bangkok: la rivolta di piazza è in pieno svolgimento. I "poveri" tailandesi lottano per il rientro dell'ex presidente (multimilionario proprietario di reti televisive e squadra di calcio) che ha portato il Paese al tracollo economico e contro un governo che ha accettato le condizioni economche imposte dal Fondo Moneterio Internazionale.
Grecia: proseguono le rivolte innescate da una crisi economica senza precedenti a causa di un governo di centro destra che ha esaurito le risorse nazionali a furia di corruzione e di evasione fiscale.
Da noi il panorama non è diverso: scandali, corruzione, incremento del debito pubblico, serissime difficoltà economiche e sociali, una "manovra" di correzione di bilancio che taglierà, inevitabilmente, le risorse sociali.
Ma in Italia la scintilla della protesta - quella vera, quella aggressiva, non le mattane di un cabarettista che manda tutti a "vaffa" - non sembra accendersi.
Eppure ci sarebbero tutti gli elementi.
Forse perché l'italiano è pigro, attentissimo al proprio personalissimo interesse particolare e se ne infischia dell'interesse generale.
Perché l'italiano è rimasto a "viva la franza, viva la spagna purchè se magna".
Perché non esiste un'identità, un senso della nazione, tranne in caso di mondiali di calcio.
Perché non emerge un senso di collettività.
Forse sarà l'esasperato individualismo, e il familismo italiano, a risparmiare all'Italia una sommossa popolare.
Ma sarà lo stesso individualismo a fare affondare la barca comune dove ognuno rema verso dove ritiene - personalmente - opportuno
Gilberto Borzini
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