venerdì 7 maggio 2010

RIPENSARE L' ECONOMIA

Il 95% dei flussi valutari internazionali viene impiegato per investimenti finanziari. Solo il 5% per investimenti economici. Se possiamo brutalmente dire che i "poveri" vivono di economia (scambio di beni e servizi a fronte di un corrispettivo) e i "ricchi" di finanza speculativa, dobbiamo concordare con un vecchio concetto marxista secondo cui esiste una lotta perenne tra capitale e lavoro. Il buon Marx, però, individuava nel capitale le risorse investite in un ciclo economico, ovvero quel misero 5% che caratterizza, oggi, i movimenti valutari. Stressando il concetto potremmo sostenere che terminata la fase industriale, caposaldo formale dell'economia "capitalistica" del pensiero marxiano, scompaiano contestualmente capitalismo e marxismo. Filosoficamente il ragionamento sembra reggere, ma la realtà contingente si spinge oltre gli assunti formali. Se la finanza non investe in economia (tranne nel caso della finanza della Sharhija intimamente connessa alla morale islamica) ciò significa che il "capitale" non valuta l'economia stessa sufficientemente remunerativa. Ma di economia vive, o cerca di vivere, la gente. Il concetto stesso di "lavoro" è elemento strutturale del processo economico. Quindi la domanda diviene: può esserci lavoro sufficiente in un mondo che trascura l'economia ? (o che considera l'economia come una sorella povera delle regina finanza?) La sovra-produzione di beni (offerta) come si coniuga con la sotto-propensione all'acquisto/consumo di beni (domanda) indotta dalle ridotte capcità di spesa che l'organizzazione economica (riduzione del lavoro, scarsa retribuzione del lavoro) determina ? Il problema è, naturalmente, gigantesco e non risolvibile in queste righe. Jeremy Rifkin scriveva di una scomparsa progressiva del lavoro, fenomeno di cui siamo oggi osservatori, ma non suggeriva ricette praticabili per risolvere la dinamica, fatto salvo un possibile mondo ideale in cui ad ognuno è dato in ragione delle proprie necessità. Il disporre di beni primari in ragione delle necessità sarebbe già una buona cosa per molti, ma per molti altri significherebbe rinunciare al "desiderio", molla prioritaria del consumismo che fino ad oggi ha retto l'economia. Per cui ci si domanda: può esistere un'economia moderna senza "consumismo" ? Possono coesistere un'economia senza consumismo e una finanza speculativa ? Se la risposta a entrambe le domande è "no" allora è necessario ripensare in primo luogo al rapporto tra finanza e economia e, in seconda battuta, al riequilibrio dei processi economici in virtù della domanda reale. Senza questi ripensamenti, e relative azioni conseguenti, il "crack" del mondo è difficilmente rinviabile. Gilberto Borzini

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