sabato 29 gennaio 2011

AD UN RISTRETTO NUMERO DI AMICI

Cari tutti che leggete queste note,
poche settimane fa scrivevo delle possibili crisi che avrebbero potuto coinvolgere Libia, Egitto e Italia a causa della veneranda età dei rispettivi leader.
Osservo preoccupato  che i media nazionali non tengono troppo conto di quanto sta accadendo in nord africa e in altri Paesi a maggioranza islamica:
il "filotto" di sollevazioni popolari parito dall'Algeria e estesosi in Tunisia ha poi coinvolto Albania, Yemen e ora l'Egitto, ricordando la destabiizzzione che iniziò nel 1989 con un gruppo di turisti ceki che rifiutò di rientrare in patria, dando inizio alla disgregazione sovietica.
Quello che si sa è che se si andassse a libere elezioni in quei paesi, l'affermazione degli integralisti islamici, previsti al 75% in Egitto e in Algeria, darebbe il via ad un cambiamento radicale della geopolitica di prossimità, con una destabilizzazione senza precedenti di tutti i rapporti economici e politici.
Per default potremmo trovarci con sommosse di natura simile anche all'interno dell'Europa, in particolar modo in Francia, Inghilterra, Germania e Svezia, dove le banlieu e i ghetti di povertà legati all'immigrazione sono diffusi e infiammabili.
A questo quadro si aggiunge l'ormai insostenibile conflitto istituzionale italiano, in cui ogni potere è troppo preso dalla lotta con gli altri poteri per poter far fronte ad una qualsiasi emergenza, tanto meno di tipo insurrezionale o terroristica.
Il caso italiano, più facilmente, potrebbe portare alla disgregazione dello Stato (secessione sia del nord che del sud) nel momento in cui Berlusconi fosse dimesso per via giudiziaria e non  politica.
La situazione è estremamente delicata e non individuo soluzioni "ideologiche", almeno sul piano nazionale, e tanto meno politiche a livello comunitario.
Ci vogliono soluzioni diplomatiche, a cui l'Europa e l'Italia mi appaiono, al momento, poco adeguate.
 
 

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