Abele era cattivo. Sì lo so signor giudice, era anche mio fratello. Ma era cattivo, altro che.
Lui faceva la bella vita, quella del pastore. Se ne andava in giro a pascolare le sue pecore sui terreni degli altri.
Su quei terreni dove ci si spezza la schiena a coltivarli. Dove si suda e si impreca e si trovano sempre sassi.
E lui se ne arrivava bello bello con le sue pecore, che si mangiavano i germogli quelle disgraziate, e se ne andava senza neanche un grazie.
'Sto fetente.
Io con un raccolto all'anno ci tiravo la cinghia signor giudice, e andavo al mercato, ma al mercato c'erano tutti perchè tutti facevamo l'agricoltore, e vendevamo poco, giusto quello che gli altri non coltivavano, poca roba, qualche frutto, un po' d'orzo.
E tornavo a casa dal mercato ancora più stanco e mia moglie tutte le sere con le bollette della legna da pagare, con i soldi per lo sciamano che cura i bambini.
E mia madre, buona quella..., , che veniva a trovarci alla domenica e diceva "guarda tuo fratello, guarda Abele, lui si che fa i soldi, lui si che ci sa fare"
E io ci morivo, signor giudice.
Perchè Abele non solo non faceva niente altro che guardare le sue pecore accoppiarsi e partorire, ma faceva proprio la bella vita: in giro per il mondo a zufolare, senza una moglie che gli rompeva le scatole, una donna in ogni mercato dove andava a vendere il latte, il formaggio e la lana..
Io a sudare e a fare economia, lui a speculare su quanti nuovi agnelli avrebbe potuto avere l'anno prossimo e a piazzare da un anno per l'altro i litri di latte, i chili di formaggio, le balle di lana.
E poi gli venne quell'idea. E io non ci vidi più.
Si mise a raccontare che un angelo gli aveva detto che bisognava festeggiare la primavera sacrificando un agnello, e tanto disse e tanto fece, tanto rumore e tante voci mise in giro che da un giorno all'altro la domanda di agnelli fu immensa, e lui diventava ricco non solo vendendo i suoi di agnelli, ma comprando i diritti sugli agnelli dei suoi colleghi da una primavera all'altra, che glieli pagava una miseria e lui si faceva le fortune.
E in più, quel disgraziato, veniva a pascolare i suoi animali sulle mie terre, mi mangiavano i germogli e mi lasciavano le cacche.
Le sue pecore si mangiavano le mie economia e lui speculava sui diritti futuri di vendita degli agnelli che ancora non c'erano.
Capisce signor giudice ?
E un giorno, un lunedì, dopo una domenica che mia madre, buona quella...,, mi aveva rotto le scatole con "guarda Abele, lui sì che è furbo" e mia moglie con le fatture della legna e lo sciamano del bambino, e poi aveva pure preparato l'agnello per pranzo pagandolo una fortuna, insomma signor giudice io quel lunedì mattina stavo togliendo i sassi dal mio campo quando arriva Abele col suo gregge e si mette a zufolare dicendo che il suo dio gli vuole bene e lo dimostra facendolo arricchire, ecco signor giudice non ci ho visto più. Ho preso un sasso e invece di buttarlo via l'ho tirato in testa a mi fratello.
Mi da torto, signor giudice ?
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