lunedì 10 gennaio 2011

MIO FRATELLO ABELE

Abele era cattivo. Sì lo so signor giudice, era anche mio fratello. Ma era cattivo, altro che.
Lui faceva la bella vita, quella del pastore. Se ne andava in giro a pascolare le sue pecore sui terreni degli altri.
Su quei terreni dove ci si spezza la schiena a coltivarli. Dove si suda e si impreca e si trovano sempre sassi.
E lui se ne arrivava bello bello con le sue pecore, che si mangiavano i germogli quelle disgraziate, e se ne andava senza neanche un grazie.
'Sto fetente.
Io con un raccolto all'anno ci tiravo la cinghia signor giudice, e andavo al mercato, ma al mercato c'erano tutti perchè tutti facevamo l'agricoltore, e vendevamo poco, giusto quello che gli altri non coltivavano, poca roba, qualche frutto, un po' d'orzo.
E tornavo a casa dal mercato ancora più stanco e mia moglie tutte le sere con le bollette della legna da pagare, con i soldi per lo sciamano che cura i bambini.
E mia madre, buona quella..., , che veniva a trovarci alla domenica e diceva "guarda tuo fratello, guarda Abele, lui si che fa i soldi, lui si che ci sa fare"
E io ci morivo, signor giudice.
Perchè Abele non solo non faceva niente altro che guardare le sue pecore accoppiarsi e partorire, ma faceva proprio la bella vita: in giro per il mondo a zufolare, senza una moglie che gli rompeva le scatole, una donna in ogni mercato dove andava a vendere il latte, il formaggio e la lana..
Io a sudare e a fare economia, lui a speculare su quanti nuovi agnelli avrebbe potuto avere l'anno prossimo e a piazzare da un anno per l'altro i litri di latte, i chili di formaggio, le balle di lana.
E poi gli venne quell'idea. E io non ci vidi più.
Si mise a raccontare che un angelo gli aveva detto che bisognava festeggiare la primavera sacrificando un agnello, e tanto disse e tanto fece, tanto rumore e tante voci mise in giro che da un giorno all'altro la domanda di agnelli fu immensa, e lui diventava ricco non solo vendendo i suoi di agnelli, ma comprando i diritti sugli agnelli dei suoi colleghi da una primavera all'altra, che glieli pagava una miseria e lui si faceva le fortune.
E in più, quel disgraziato, veniva a pascolare i suoi animali sulle mie terre, mi mangiavano i germogli e mi lasciavano le cacche.
Le sue pecore si mangiavano le mie economia e lui speculava sui diritti futuri di vendita degli agnelli che ancora non c'erano.
Capisce signor giudice ?
E un giorno, un lunedì, dopo una domenica che mia madre, buona quella...,, mi aveva rotto le scatole con "guarda Abele, lui sì che è furbo" e mia moglie con le fatture della legna e lo sciamano del bambino, e poi aveva pure preparato l'agnello per pranzo pagandolo una fortuna, insomma signor giudice io quel lunedì mattina stavo togliendo i sassi dal mio campo quando arriva Abele col suo gregge e si mette a zufolare dicendo che il suo dio gli vuole bene e lo dimostra facendolo arricchire, ecco signor giudice non ci ho visto più. Ho preso un sasso e invece di buttarlo via l'ho tirato in testa a mi fratello.
Mi da torto, signor giudice ?
 

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