Un altro anno in più sulle spalle, non solo le nostre ma anche quelle di Fidel Castro, di Mubaraq, di Gheddafi, del Re d'Arabia, di quello tailandese e del Presidente della Corea.
Cuba, Egitto, Libia, Arabia Saudita, Tailandia e Corea del Nord non rappresentano solamente poteri assoluti, ma equilibri che in caso di decesso dei loro capi, salterebbero come birilli in un filotto geopolitico capace di mandare all'aria i rapporti già instabili tra le potenze del mondo globale.
Nello scacchiere mondiale quei sei tasselli rivestono un ruolo essenziale, condito da lotte in corso per la successione e dalla presenza, mai lieve, delle forze armate pronte ad assumere il governo quando lo spazio viene lasciato libero.
A Cuba fanno riferimento Venezuela, Bolivia e mezzo centro america, tra infinite tensioni di petrolio, canale di panama e narco trafficanti.
Sull'Egitto di Mubaraq fa capo il delicatissimo equilibrio tra Israele e Palestina, e il controllo del Canale di Suez.
A Gheddafi fanno riferimento forme complesse di post colonialismo e visioni pan-islamiche.
Un vuoto di potere nell'Arabia Saudita ribalterebbe i rapporti correnti tra Iran, Irak, Afghanistan e Pakistan.
Una Tailandia destabilizzata manderebbe a gambe levate l'Indocina.
In Corea la successione è in atto, e la Cina gioca come il gatto col topo mandando in avanscoperta i missili nord coreani sulle frontiere del 38mo parallelo.
In questo scenario gli USA appaiono come l'asse debole del conflitto prossimo venturo.
Un Presidente debole, con un Congresso ostile, un'economia zoppa, una credibilità corrosa dai documenti pubblicati da Wikileaks, un esercito in notevole difficoltà sia in Afghanistan che in Irak, una popolazione sempre più protezionista e disinteressata agli affari del mondo, non sono il miglior viatico per una politica che persegua la dottrina Monroe.
In una situazione prevedibile, anche se non in contemporanea, di forti instabilità e tensioni derivanti dalla scomparsa degli ottuagenari capi di cui sopra, solamente le potenze capaci di ragionare in termini globali, e con governi estremamente solidi, potranno condizionare le opzioni sostenendo i loro beniamini e aumentando la loro influenza nello scacchiere globale.
Parlo ovviamente di Russia e Cina in cul la prima estenderà il controllo sull'Europa, nel centro sud america e in parte del medio oriente, mentre la seconda assumerà il controllo dei Paesi che si affacciano su oceano pacifico e indiano, Giappone e Australia esclusi.
L'anno appena iniziato, miracoli della medicina a parte, potrebbe essere l'anno dell'instabilità globale oppure, e questo è il mio augurio, quello di una nuova definizione degli equilibri internazionali.
Quello che appare chiaro, indipendentemente dalle modalità in cui avverranno i cambiamenti, è che la debolezza statunitense, che è insieme politica, economica e militare, sarà l'elemento centrale del cambiamento.
L'Europa, che non esiste, starà a guardare, troppo bisognosa delle materie prime russe, della tecnologia indiana e dei prodotti cinesi per permettersi anche di discutere un qualsiasi argomento.
Il 2011, che ci piaccia o no, segnerà la fine della prevalenza dell'occidente.
Sono completamente d'accordo:
RispondiEliminaSpero solo che quete possibili forti instabilità conducano l'umanità a riscoprire i valori fondanti delle diverse culture ed il significato della vita e quindi l'autenticità della Fede, nelle divesrse declinazioni, come base insostituibile della convivenza globale.
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Cristina Sala