venerdì 25 giugno 2010

BARUFFE CHIGIOTTE

Come noto in politica si vive di alleanze. Ma le alleanze tese dal Cav per tenere insieme la sua maggioranza sono una questione degna di un thriller o, all'italiana, di una commedia degli equivoci.
Nel nord, che forse non è "padano" ma che vede nella tassazione centrale e nel parassitismo meridionale il male assoluto, l'alleato è la Lega, fattore centrifugo della coesione nazionale.
Al centro, che sicuramente non è "padano" ma vive uno strano connubio tra garantismo ministeriale e sviluppo di impresa, gli alleati sono due: la Curia e l'area ex AN  a cui molti pubblici dipendenti guardano con simpatia, a partire dalle forze armate.
Al sud, che è tutt'altra cosa rispetto ai primi due, gli alleati sono quelli che controllano il territorio e che, nel passato, si sono dimostrati eccellenti alleati della DC andreottiana fino a quando non si sono stufati massacrando Dalla Chiesa, Salvo Lima, Falcone e Borsellino e altri personaggi eccellenti.
Tenere insieme alleati siffatti, con lo scotch inaffidabile del potere a tempo determinato, dev'essere una faticaccia.
E' chiaro che gli alleati ci stanno fino a quando ne hanno convenienza e utilità, fermo restando che ognuno degli alleati dispone, tranne l'ex corrente di AN, di una tale forza propria nei rispettivi ambienti di influenza da poter cambiare alleanze in ogni momento senza perdere potere locale, anzi forse incrementandolo.
La Curia non ha bisogno del governo, anzi è il contrario e le recenti parole del cardinal Sepe e della segreteria vaticana a suo supporto, lo confermano.
La Mafia non ha bisogno del governo, anzi è il contrario. Inoltre i "successi" del leghista Maroni e del suo ministero possono infastidire i burattinai.
La Lega, con tre regioni pesanti in tasca, non ha bisogno del governo, anzi è il contrario.
L'anello debole delle alleanze risulta essere la quota AN  che, malgrado il ministero della difesa affidato a La Russa, non può dire di "gestire" un portafoglio consistente di voti. Forse per questo Fini tenta di proporsi come mediatore istituzionale, ponendosi come garante degli interessi dei suoi ex elettori, ora intrisi di PDL.
Ci sono poi gli elementi di contorno: quelli che puntano al sostegno elettorale degli evasori fiscali, quelli che puntano alla depenalizzazione dei reati sessuali, quelli che dovrebbero far muovere l'economia - le cosiddette "parti sociali"  -  che sembrano disporre però di ben poco potere. E questo è un elemento cruciale.
Fino a che Confindustria, Confcommercio e Confartigianato non disporranno di un proprio "consenso politico", ovvero di un pacchetto di voti con cui porre condizioni (leggi ricattare) il governo, il loro ruolo sarà marginale, adatto al dialogo ma non alle scelte politiche.
CISl e UIL lo hanno capito da tempo, e hanno barattato elasticità contrattuale in cambio di un effettivo riconoscimento para istituzionale.
UGL, con Renata Polverini, lo ha capito ancor prima e ancor meglio, raggiungendo la Presidenza della Regione Lazio.
Ma le "3 C", che dovrebbero rappresentare il sistema produttivo, sono al palo, e con loro rimane al palo il sistema produttivo.
Nelle continue baruffe che circondano Palazzo Chigi le "3 C" hanno un ruolo marginale, non sono in grado di condizionare l'esecutivo.
Perché ? Perché non gestiscono portafogli elettorali, pacchetti di voti, consensi orientabili verso questo o quello schieramento in caso di elezioni.
Se il mondo produttivo vuole contare in questo Paese deve scendere in campo, lordarsi nella politica, perdere la verginità dei "super partes".
Non basta una "lobby" con qualche rappresentante in Parlamento
 
 
Gilberto Borzini

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