venerdì 25 giugno 2010

MEDVEDEV, OBAMA E L'AFGHANISTAN

Partiamo dal fatto che le coincidenze in politica sono sospette.
In Afghanistan la cosiddetta Guerra contro il terrorismo va malino: i buoni fanno pochi passi avanti, i cattivi resistono bene sulle loro posizioni, anzi estendono il teatro bellico e la loro influenza in altri Stati, a partire dal Pakistan.
George W. Bush prima e Barack Obama poi si sono sempre ben guardati dal rivelare all'opinione pubblica il vero motivo della guerra, come pure la maggior parte dei governi che vi prendono parte. Diciamo solo che la guerra al  terrorismo è un pretesto.
Fatto sta che prima Obama licenzia il comandante chiacchierone delle truppe americane sostituendolo con l'affidabile e silenzioso Paetreus, forse affidabile in quanto silenzioso. Poi Obama riceve Medvedev e i due, stufi della cucina banale della Casa Bianca, si fanno fotografare e filmare mentre mangiano cheeseburger in un fast-food di Washington D.C..
La mossa mediatica, che vorrebbe far avvicinare l'immagine del presidente a quella dell'uomo medio americano, è agghiacciante.
Una di quelle forme di "captatio benevolentiae" che si usano quando non si sa più che pesci pigliare.
Obama dispone negli USA di una popolarità uguale a quella dei Tango Bond nel mercato popolare della finanza, e annaspa in cerca di consenso.
Ma Medvedev perchè gli da corda e, salutista com'è, si intrippa di colesterolo da Mc Donald ?
Un'ipotesi è che i due stiano concordando un supporto russo nella faccenda, vischiosissima e vietnamita, dell'Afghanistan da cui l'Armata Rossa uscì con le ossa rotte.
Un ritorno in Afghanistan per Medvedev significherebbe la "Vendetta e l'Orgoglio" per l'esercito moscovita, con un ampio consenso popolare per Medvedev.
Ma sarebbe una mossa rischiosa in termini di costi (militari ed economici) e di durata (tempo indeterminato).
A Medvedev conviene fornire supporto logistico e di intelligence senza sporcarsi le mani direttamente.
E in cambio, Medvedev, cosa potrebbe volere ?
Il libero commercio di uranio arricchito con l'Iran ?
Mezzo Afghanistan con libertà di gasdotto russo verso l' Oceano Indiano?
La messa in mora dei gasdotti non partecipati da Gazprom verso l' U.E. ?
L'esclusiva delle trivellazioni petrolifere e della pesca al merluzzo nell'Artico , con relativo controllo dei flussi dei cargo ?
Il non intervento occidentale in Georgia, Ossezia, Kirghizistan, Ukraina e Bielorussia e ovunque nell'ex impero sovietico ci siano difficoltà ?
La debolezza di Obama è così vasta da consentire a Medvedev di barattare il potere con un hamburger divorato davanti alle telecamere ?
Da Reagan a Bush l'intera strategia americana ha avuto per obiettivo la riduzione ai minimi termini dell'influenza di Mosca nel mondo.
Ora Obama chiede aiuto a Mosca e sicuramente Mosca, che ha aspettato troppo a lungo, venderà l'aiuto a caro prezzo.
Sul piatto di Mosca, insieme al cheesburger, potrebbe essere stato servito anche un ampio pezzo d'Europa (Ukraina e Bielorussia, certo, ma anche Bulgaria e Romania, Serbia e Albania utili, questi ultimi quattro, a tenere sotto controllo l'irrequieta Turchia sempre più pericolosamente vicina a Teheran e lontana da Bruxelles).
Se in politica le coincidenze sono sospette, nella comunicazione politica le coincidenze sospette sono una prova.
Mentre addentavano un hamburger i presidenti definivano il nuovo Risiko delle rispettive influenze.
O almeno ci provavano.
 
 
Gilberto Borzini

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