lunedì 7 giugno 2010

OLTRE BECCARIA

Giovanni Paolo II scriveva in Evangelium Vitae "la misura e la qualità della pena devono essere attentamente valutate e non devono giungere alla misura estrema della soppressione del reo". Più o meno quello che predicava Giovanni Beccaria con un paio di secoli di anticipo. La cosa curiosa è data dal fatto che la pena capitale, così come le altre pene detentive, è sempre stata interpretata dai suoi fautori come un "deterrente", ovvero l'esempio dato dalla morte di un uomo avrebbe dovuto far astenere altri potenziali rei dal compiere azioni violente. Come ampiamente dimostrato né la pena capitale né le pene detentive risultano essere deterrenti efficaci. Si sa , la detenzione può essere un business: negli USA le carceri sono gestite da privati e il lavoro dei carcerati rende plus-valenze interessanti. Si sa, costruire carceri può rivelarsi un ottimo affare edilizio. Si sa, il sistema penale è una fucina di pubblico impiego. Quindi, per dirla in soldoni, si baratta la libertà di un individuo per fare affari. Perché se la questione è "togliere dalla società" chi delinque, allora va benissimo la pena capitale. Si risparmiano un sacco di soldi. Se la questione è "impaurire o intimorire il reo" le carceri non sortiscono un grande effetto. Se la questione è "redimere e permettere un sano reinserimento nella società" le carceri non servono a nulla. Se la questione è "punire il reo" allora è sufficiente la limitazione della libertà (realizzabile con congegni elettronici, senza troppe spese). Quindi il problema carcerario è sì un problema numerico (le carceri di tutti i paesi sono sovraffollate) ma anche e soprattutto una questione culturale che, come tutte le questioni culturali, hanno bisogno di un tasto "reset" per essere analizzate al di fuori delle abitudini, dei preconcetti e dei pregiudizi. Per gli Stati c'è un imponente risvolto amministrativo, economico e di pubblico impiego che l'intera materia coinvolge. Il tema non è affatto banale e tanto meno semplice, ma certamente andrà affrontato prima che troppa parte dei territori divengano "circondariali". Gilberto Borzini

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